Lavoro, Sabir: su caporalato non anno zero ma attenzione “Occorre strutturare interventi”

Roma, 13 mag. (askanews) – Contro la “piaga” del caporalato non siamo all’anno Zero nel nostro Paese ma occorre strutturare gli interventi oggi legati soprattutto a progetti europei che si interromperanno presto. A lanciare l’allarme in questo senso sono stati i sindacati e le realtà territoriali e sociali, riunite al Festival Sabir, in corso di svolgimento a Matera.

A parlare dei passi avanti che si sono fatti negli ultimi anni contro lo sfruttamento del lavoro, soprattutto in agricoltura, è stata Francesca Coleti di Arci che ha rilevato come questo resti un “fenomeno comunque grave” oggi in Italia. “Ma non siamo all’anno zero – ha detto – e sono stati fatti notevoli passi in avanti negli ultimi 10 anni quando, addirittura, venivano proposte tesi negazioniste sul fenomeno. Oggi grazie anche alle pressioni venute dalla Ue, con la Direttiva anti-tratta di lotta al traffico degli esseri umani, e con la legge 2016 contro lo sfruttamento di manodopera, il reato nel nostro paese è divenuto veramente perseguibili anche se con molti punti da migliorare”. Tra le varie questioni ancora da affrontare c’è certamente la scarsa propensione alla sicurezza sul lavoro ed una cultura della prevenzione tutta da sviluppare. Un lavoro che si sta tentando nella regione Puglia dove l’azione repressiva e di contrasto al caporalato ha portato, in un anno, all’accertamento di oltre 4000 posizioni lavorative e all’emersione di 80 vittime di sfruttamento nel lavoro agricolo.

A puntare sulla necessità che si sviluppi una cultura del rispetto del lavoro bracciante è stato Nicola Tavoletta di ACLI Terra. “Oggi su questo terreno si può notare una sorta di trasversalità nello sfruttamento, sia territoriale che professionale”. Lo stesso esponente ACLI ha, quindi, rilanciato il tema della “pedagogia del lavoro” con la necessità di creare “un’ora di diritto al lavoro” per gli studenti soprattutto negli istituti tecnici e professionali “per creare – ha detto – una coscienza generazionale”.

Anche Tania Scacchetti della CGIL ha insistito sul tema della consapevolezza su questi fenomeni, parlando oltretutto delle nuove frontiere del caporalato come quelle “digitali” legate al food delivery. “Occorre raccordare sempre più le politiche nazionali a quelle regionali perché il caporalato non è omogeneo nelle realtà territoriali”, ha detto. A chiedere che venga, invece, rafforzato il tavolo sul caporalato è stata Caterina Boca della Caritas italiana. Un tavolo, ha detto, che ormai deve vedere coinvolti anche nuovi soggetti come il Ministero delle Infrastrutture “per il decisivo aspetto dei trasporti” ma anche il Ministero dell’Interno per affrontare la questione della gestione e del rilascio dei permessi di soggiorno “un elemento chiave anch’esso per la lotta a questo tipo di reati”.

È proprio sul tema del rilascio delle regolarizzazioni, Francesco Mason di ASGI, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione, ha parlato di “problema enorme da affrontare”. Basti pensare che nel maggio del 2020 erano state sul nostro territorio 560 mila le presenze irregolari accertate con solo 220 mila regolarizzazioni. Nello specifico campo dell’agricoltura, nel periodo Covid, si era lamentata l’assenza per la raccolta di 350mila lavoratori e per questo si era messo mano ad una sorta di regolarizzazione che, però, ha visto al momento solo il 35% di pratiche concluse e il 50% di domande trattate. Insomma sono ancora 150 mila le persone in attesa di risposta che, ha sottolineato Mason, sono un potenziale bacino per il rientro nell’ombra e preda dei caporali”.

( 13 maggio 2022 )

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