Le marinerie, un vissuto di lavoratori cristiani a cui prestare attenzione

Poco più di un anno fa ero al porto di Ponza e attendevo per dirigermi a relazionare ad un convegno sullo sviluppo delle marinerie. Lessi i nomi dei pescherecci e tutti erano dedicati ai Santi, mi venne in mente che la stessa riflessione l’avevo fatta a Civitavecchia e a Mazara del Vallo qualche settimana prima.

La devozione cristiana dei lavoratori delle marinerie è intensa nella spiritualità e nella stessa rappresentazione. Lì dove c’è il lavoro e dove la cristianità è viva naturalmente dovrebbe esserci la capacità associativa delle Acli, sia per cultura, che per missione.

L’Italia è una penisola con 7500 km di coste, ha le maggiori isole del Mediterraneo e se guardassimo il pianeta Terra da un satellite ci accorgeremmo che è costituito per il 70% dal mare. Dovrebbe chiamarsi forse pianeta Mare.

Questa breve considerazione sulle ovvie, ma trascurate, dimensioni del mare e delle marinerie la svolgo per far emergere una carenza da colmare nella nostra organizzazione, cioè la capacità di essere associazione articolata negli “affari marittimi”. Certo abbiamo delle esperienze locali, a Savona come a Latina, ma non una strategia e una visione nazionale.

Ci sono temi aperti che potrebbero anche essere linfa nuova per la vita associativa. Dovremmo riflettere sulla nostra capacità di proporre una più specifica assistenza previdenziale per i marittimi e gli imbarcati, oppure delle proposte formative con l’Enaip per il settore della cantieristica navale o dell’acquacoltura.

Le risorse del Feamp, Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, 2014-2020 assegnate all’Italia ammontano a 537.262.559 euro, cui si aggiungono 440.845.123 euro di cofinanziamento nazionale, per un totale di 978.107.682 euro. Non credo che le nostre Acli abbiano avuto un ruolo, neanche di confronto, su questo fondo strutturale che è uno dei cinque strategici dell’Unione Europea. Ciò non per responsabilità politica di una presidenza, piuttosto di un’altra, ma per il semplice fatto che non ci siamo mai dedicati al settore.

Immagino quanto potremmo fare sulla biodiversità in collaborazione con gli amici delle centrali cooperative o con le università. La nostra attenzione alle autostrade del mare e alla portualità potrebbe addirittura aumentare la capacità aggregativa di lavoratori in circoli e nuclei. L’immigrazione viaggia su rotte marine e la sicurezza di queste son affare nostro. L’arte gastronomica e la creatività manifatturiera vivono di mare e hanno bisogno di una rete associativa di valorizzazione. Turismo ed ospitalità sono centrali nelle marinerie. Ricordo che uno dei miei primi impegni nell’Enaip Lazio costituì proprio nella organizzazione della formazione professionale degli operatori nei cantieri nautici a Gaeta e oggi questo settore richiede sempre maggiore qualificazione.

Le marinerie sono un patrimonio di lavoratori cristiani, per devozione, per convinzione e, quindi, sono una nostra missione.

Nicola Tavoletta

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